Ignoravo che nella capitale italiana ci fosse una scuola situata nell’omonima via intitolata al “Mar dei Caraibi”. In questi giorni in cui si parla spesso di scuole, non potevo credere ai miei occhi. Non c’era un partigiano o una partigiana a cui intitolarla? Insegnanti e studenti si possono purtroppo trovare tra i caduti durante la guerra di liberazione dal nazifascismo per creare una repubblica che li dimentica costantemente. Ma se quelli italiani erano già stati utilizzati, si sarebbe potuto usare uno degli pseudonimi di chi era alla guida della Resistenza francese, giacché quel nome alla maggior parte di studenti e docenti, fa venire in mente, invece, un telefilm che ha per protagonista un cane e nei più acculturati un sostantivo latino che significa re oppure un transatlantico di epoca fascista, citato in un celebre film. Jean Moulin, figlio di un professore di lettere, morì torturato, sorte che toccava spesso ai partigiani. Uno dei suoi torturatori fu il famigerato comandante della Gestapo, Klaus Barbie. Sarebbe interessante intervistare insegnanti e dirigenti e chiedere loro che cosa associno a questi nomi, per non parlare dei funzionari ministeriali! Ma perché spaventare i bambini con queste storie tristi? Dobbiamo tenerli allegri. Eppure i futuri adulti, costretti a occuparsi solo di dinosauri e uomini primitivi, avrebbero molto da imparare da chi si è ribellato non solo per permettere a noi di protestare contro le mascherine obbligatorie, anziché contro i miliardi regalati ai colossi del web, ma anche per non diventarne fruitori ubbidienti e gaudenti ora e lavoratori schiavi domani.

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