La politica italiana inventa sempre nuove sfide per i traduttori: si va da “spelacchio” a “manina”.

I termini culturo-specifici prolificano per la disperazione degli sfortunati traduttori sempre costretti alla parafrasi o alla nota a piè di pagina. Filologicamente la manina risale a Bettino Craxi che la usò per riferirsi al ritrovamento del “Memoriale di Aldo Moro”, quindi è variato l’ambito contestuale e di genere: dalla tragedia alla commedia.
Infatti il termine connotato politicamente fu anche utilizzato da Renzi prima di assurgere a nuova vita con l’italianista Di Maio. Subito dopo la manina è arrivata la scarpa.
Chi oserebbe punire uno studente che, per contestare l’insufficienza attribuitagli, si togliesse una scarpa sbattendola ripetutamente sul foglio protocollo? Potrebbe discolparsi dicendo che se non è successo nulla a un deputato che rappresenta il Paese, perché dovrebbe essere un adolescente a subire una sanzione? Ecco, non è che abbiamo un problema con gli arti, ma con la regressio ad pueritiam di chi ci rappresenta.
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