Nella lingua italiana vince sempre il peggiore. Frasi e modi di dire come “furbetti del quartierino”, “compagni di merende”, “pizzino” etc hanno copyright riconducibili a persone poco commendevoli, ma per pigrizia mentale vengono usati costantemente. Le modalità comunicative in generale somigliano sempre di più a quelle della curva sud, al punto che anche personaggi autorevoli e con responsabilità istituzionali ne fanno uso nei loro discorsi ufficiali. Attualmente si sta assistendo a cori da stadio che oppongono i tifosi di Milano e quelli di Roma, che si confrontano sulla metafora sanitaria degli anticorpi, in attesa di approfondire la questione e gareggiare su chi abbia più leucociti e eritrociti.
Il martellamento di quotidiani, riviste e, soprattutto, web e trasmissioni televisive con ospiti mediamente ad alfabetizzazione labile presentano Roma come la caricatura di una città di una terra sperduta, impossibile da raggiungere, priva di infrastrutture, dove i viandanti, dal momento che non esistono i trasporti pubblici, possono essere aggrediti in ogni momento, mentre raggiungono a piedi la meta ove sono diretti, circondati da trogloditi maleducati. L’ultima volta che ci sono stata, per il Seminario Nazionale Lend, probabilmente i romani autoctoni erano in vacanza, perché il taxista è stato molto gentile e mi ha fatto pagare la metà di quel che avrei pagato a Torino per lo stesso percorso, non ha cercato di imbrogliarmi e ha conversato in modo urbano e piacevole, i collaboratori scolastici mi hanno chiesto chi fossi prima di farmi accedere ai piani del liceo, il ristorante di fronte alla scuola serviva pasti ottimi a prezzi contenuti con personale cortese e ha emesso regolare scontrino. Nessuno mi ha importunata, né borseggiata. La qualità e l’organizzazione dei laboratori che ho seguito io è stata impeccabile. I conduttori non usavano la lavagna d’ardesia e i gessetti colorati né la penna d’oca, ma le più moderne attrezzature didattiche.
Le plenarie si sono tenute in un’aula con un nome strano, dove vi era una scritta in una lingua altrettanto strana che non si parla nei programmi di bassa qualità, a metà tra intrattenimento e sensazionalismo ma che si ritengono programmi di informazione.
La città situata nella curva opposta che assiste a questa partita di iperboli ha ospitato una kermesse la cui logistica è stata ideata da menti così eccelse da non capire come da decenni i vari parchi tematici, con un altissimo flusso di visitatori, riescano a evitare o limitare le code. La stazione ferroviaria più vicina all’ingresso era l’ideale per il turista masochista: nessuna panchina se non ai binari, nessun bar interno, soltanto uno all’esterno, gremito di gente; i servizi igienici non erano visibili a una persona con un’intelligenza, credo, nella norma, ma forse era proprio un test intellettivo che non ho superato. Tanto poi, dopo qualche ora di coda, si poteva accedere alla madre di tutti gli eventi (copyright Saddam Hussein) e quindi aspirare a mettersi in coda per i servizi igienici: no pain, no gain!
Forse entrambe le città hanno pregi e difetti così come i loro abitanti, ma il buon senso nelle iperboli e nelle curve da stadio ovviamente è ritenuto un po’ noioso: non fa ascolti, non urla, non insulta, magari conosce la storia e persino la strana lingua della scritta nel liceo che ha ospitato il Seminario Lend e forse ha letto Sartre, così quando si trova, suo malgrado, in una curva o in una coda interminabile, gli sovvengono due frasi. Una appartiene all’antico idioma della città sottosviluppata e l’altra alla lingua del filosofo francese, che non si ascolta mai pronunciare in modo accettabile neanche nei toponimi: “Solitudo, sola beatitudo” e “L’enfer c’est les autres”.
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