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Nella settimana che è cominciata con il 25 luglio, data storica per l’Italia, che molti hanno festeggiato con la pastasciutta antifascista, si è parlato di scuola a livelli molto alti con toni di rara profondità e inarrivabile acume.

La famiglia Cervi organizzò questo pranzo speciale in occasione della caduta di Mussolini che tuttora viene celebrata a Gattatico e in molti altri luoghi senza che ciò ottenga la minima attenzione da parte dei media. Si sono celebrati i nonni, invece, che però c’entrano molto con quella festa e quella storia di cui si dovrebbe parlare sempre a scuola: dalla primaria in poi.

Si è parlato di questo all’inizio della campagna elettorale? Certo che no, ma si sono rimproverate “certe scuole” che fanno l’appello per cognome, come da sempre, per non urtare la sensibilità di allievi eventualmente fluidi. È successo davvero! Un politico con ben pochi titoli di studio nel proprio cursus honorum, che ha contribuito a far cadere il governo di uno che ha un dottorato di ricerca al MIT, ha detto questo in un comizio.

Ormai siamo abituati a sentire qualsiasi scemenza, ma se non andiamo a votare saremo anche noi responsabili: dire “non nel mio nome” non equivale a dire “non con il mio voto”.


Rubrica: Lost in metaphors - di Nadia Sanità


 

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